Il Vaccino contro SARS-COV2 E LA SUA (POSSIBILE) OBBLIGATORIETÀ IN AMBIENTE DI LAVORO: PRIMISSIMI SPUNTI DI RIFESSIONE

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Il Vaccino contro SARS-COV2 E LA SUA (POSSIBILE) OBBLIGATORIETÀ IN AMBIENTE DI LAVORO: PRIMISSIMI SPUNTI DI RIFESSIONE
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GIORGIO FRABETTI

Redazione

Il seguente articolo di Giorgio Frabetti non si colloca pienamente in un ambito terzoculturale, tuttavia è una trattazione giuridica attenta e puntuale di un argomento di enorme attualità che investe ognuno personalmente. Se il lettore de “Iltalamo” è una persona che approccia al quotidiano in modo non passivo, cercando di farsi un’idea personale dei problemi che la vita pone, il lavoro di Frabetti può rappresentare un contributo in più per costruire una posizione critica, un punto di vista poggiato su conoscenze specifiche messe a disposizione del lettore.

sars-cov2 e obbligo vaccinale si o no?

Vaccino SI? Vaccino NO? Sarà opportuno obbligare i cittadini a farsi vaccinare? Oppure solo certe fasce? Prima ti tutto, mi preme avvertire il lettore: il problema trattato in questo articolo (obbligo vaccinale SARS-COV-2 diverrà attuale quando il vaccino sarà disponibile per tutti: l’ ipotesi non è attualmente del tutto matura, ma ne tratteremo comunque per provare a “mettere ordine” in un tema molto spinoso, ma anche molto confuso.

Il tema Scienza-Leggi-Politica appassiona comprensibilmente l’opinione pubblica, che spesso, però, si trova confusa, frastornata e disorientata tra posizioni diversificate e divaricate. Anche il tema dell’obbligo vaccinale non avrebbe potuto non cadere in questa “arena”: a favore dell’obbligo vaccinale e della sua obbligatorietà immediata (a legislazione vigente) si sono pronunciate personalità del calibro del Dr. Guariniello1 e del Prof. Ichino2. Altri hanno espresso perplessità (come ad esempio il Prof. Giampiero Falasca3), ritenendo necessario, invece, uno specifico provvedimento di legge. Ovviamente, la polemica è proseguita nell’arena dei social tra tifoserie, esaltazioni, insulti e contumelie… come consueto!

Grande assente è stata (come al solito!) la risposta “Terzo-Culturale”: un peccato, perché l’argomento si sarebbe molto prestato, proprio per il carattere inter-disciplinare della materia, al confine tra Diritto e Scienza (Medicina-Igiene). E la stessa legge (parleremo del Decreto 81/2008 su Sicurezza e Igiene del lavoro) si presta ad essere apprezzata (per una volta!) come un valido incontro tra Scienza e Legge, un apprezzabile esempio di una legislazione equilibrata e aperta alle ragioni della Scienza, non (troppo) ottusa e non (troppo) burocratica. Erano a disposizione vaste praterie per un discorso “Terzo-Culturale”. Ma poi…

Chi scrive, ovviamente, un modesto “pratico di diritto del lavoro”, non intende assolutamente atteggiarsi a guru della “Terza Cultura” e nemmeno atteggiarsi a “Dario Bressanini” del diritto, né spacciarsi per una qualche Autorità Scientifica: niente di tutto questo! Certo, sfrutterò l’occasione che mi è offerta per fare divulgazione giuridica, ma soprattutto vorrei lanciare un messaggio: “Cambiamo passo nella comunicazione dei problemi della Pandemia, per favore!”. Ne abbiamo tutti bisogno! Se altri proseguiranno su questo, certamente meglio di me… io non chiedo di meglio!

Ora, venendo a riassumere il senso delle pagine che andrete a leggere, possiamo dire questo: di fatto, un obbligo vaccinale (almeno per importanti settori di lavoro dipendente) esisterebbe sostanzialmente già a legislazione vigente (la legislazione sulla Sicurezza/Igiene sui luoghi di lavoro). Non poca discussione mediatica sul punto appare, quindi, largamente illusionistica.

Ma vediamo di capire, provando a “mettere le mani in pasta”, ovvero a mettere le mani sui testi di legge che a questo fine ci interessano.

quando un vaccino può definirsi obbligatorio per legge

Per prima cosa, dobbiamo chiarire un concetto fondamentale (da ABC giuridico!): un obbligo vaccinale sarebbe da qualificare come “trattamento sanitario obbligatorio”: e i “trattamenti sanitari obbligatori”, secondo la previsione dell’art. 32.2°comma Costituzione, possono essere imposti solo in forza di una previsione di legge. E questo è logico: un “trattamento sanitario obbligatorio”, infatti, limita fortemente la libertà personale dei cittadini; solo una disposizione di legge, quindi, può disporre limitazioni sulla libertà personale. Ricordo che sono qualificati come “trattamenti sanitari obbligatori” non solo i noti TSO per malati psichiatrici, ma anche la altrettanto nota “quarantena” (il periodo in cui una persona infetta, ad esempio da SARS COV 2, è obbligata, in via precauzionale, a stare isolata dalla Comunità perché a contatto stretto con un infetto).

 Ora, la domanda da porsi è la seguente: esiste nel nostro ordinamento giuridico una disposizione di legge che obblighi i cittadini a vaccinarsi contro le malattie infettive?

La risposta è la seguente: Un obbligo vaccinale generalizzato di legge non esiste. Esistono, però, obblighi, per così dire, “settoriali”, riguardanti alcune categorie di cittadini, tra cui ricordiamo: 1) Gli obblighi vaccinali-molo noti- imposti in capo ai genitori dal DL 73/2017 convertito in legge 119/2017, promossa dal Ministro Lorenzin; 2) Gli obblighi vaccinali-meno noti- previsti a carico dei Lavoratori (per semplicità, parleremo ora solo dei Dipendenti) previsti dalla normativa di Igiene e Sicurezza sul Lavoro, in particolare l’art. 279 D.lgs. 81/2008 (questo, per inciso, è stato l’articolo di legge espressamente citato di recente dal Dr. Guariniello su “Repubblica”4). 

Come vedremo, il primo settore naturalmente interessato a questa possibilità, ovviamente, è la Sanità, il settore più esposto all’infezione e che, come noto, rischia di fare da cassa di risonanza alla sua diffusione (come in noti casi è successo). Per questo settore, vaccinare il Personale non è solo un dovere etico apprezzabile sul piano sociale, ma privo di sanzioni; è anche un dovere giuridico, che comporta, in caso di inadempimento, per i Datori di Lavoro pesanti sanzioni amministrative, civili e penali e per il Personale Dipendente inadempiente la possibilità (derivata) del “licenziamento per giusta causa”. Vediamo di scendere un po’ più nel dettaglio (dettagli su cui spesso Tv, stampa, social non indugiano, reputando questi particolari noiosi e pedanti, quando invece sarebbero decisivi per stabilire come stanno realmente le cose!).

Ma quando il vaccino sarà massivamente disponibile, sarà impugnabile il Decreto 81 per imporlo a tutti i lavoratori (specie Dipendenti) diversi dal settore Sanitario?

La discussione è aperta …

Procediamo, comunque, con ordine, cercando di non sfruttare pregiudizi, né … il “sentito dire”, ma compulsando i testi di legge (quello che in gergo giuridico stretto si chiama “diritto positivo”!)..

l’obbligo vaccinale “a legislazione vigente” per proteggere il lavoratore da “rischi di agenti biologici”

Il Decreto 81/2008 (l’ex “Decreto 626”), è una normativa per certi versi arretrata, non aggiornata (tanto che l’UE ha emesso nel giugno 2020 una Direttiva per armonizzare il Decreto 81 all’emergenza COVID, come vedremo!).

La legislazione sull’Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro già prevede un’amplissima tutela negli ambienti di lavoro in caso di lavorazioni soggette a “rischi derivanti da agenti biologici” (artt. 266 e ss. D.lgs. 81/2008). Fuor di metafora “rischio da agente biologico” vuol dire “rischio infettivo”, ovvero rischio derivante dalla propagazione di micro-organismi (anche manipolati dall’uomo), virus, batteri5.

Quali virus?

Il Decreto predispone uno specifico elenco (Allegato LXVI) che contiene l’elenco degli agenti biologici classificati in ciascun gruppo di pericolosità (per il Personale e per la diffusione in Comunità6).

Ovviamente, non mi permetto di commentare questo elenco, che contiene informazioni che solo un Esperto di virus e simili può comprendere, non certo io che ho la laurea in giurisprudenza. Si permetta, comunque, ad un profano come il Sottoscritto di fare un’osservazione di puro buon senso e logica.

Ora, il Decreto 81 è stato emanato nel 2008: a quell’epoca, SARS-COV2 non esisteva. Conseguentemente, nell’allegato questo virus non appare espressamente nominato. Ricordo che, per colmare questo vuoto, è recentissimamente intervenuta una Direttiva della Commissione UE, la Direttiva 2020/739 del 3 giugno 20207 (che, salvo errore, non mi consta essere stata ancora attuata dallo Stato Italiano): con questa Direttiva, l’Italia sarà costretta ad aggiornare l’elenco degli agenti biologici comprendendo anche SARS-COV2. Ma, come detto, lo Stato italiano non ha attuato la Direttiva e attualmente l’elenco dei virus del Decreto 81 non contempla (almeno non espressamente!) SARS-COV2.

Ciò non costituisce (o non costituirebbe!) un problema: l’Allegato, infatti, può essere aggiornato in modo per così dire automatico. Il Decreto, in altre parole, non è concepito per tutelare i lavoratori solo dai “rischi biologici” noti al momento della sua emanazione, ma anche dai nuovi virus che dovessero sopraggiungere. La tutela è “automatica”, perché è garantita senza dover aspettare le lungaggini per l’approvazione di una nuova legge. A questo riguardo, al punto 05, l’Allegato, infatti, dispone: Tutti i virus che sono già stati isolati nell’uomo e che ancora non figurano nel presente allegato devono essere considerati come appartenenti almeno al gruppo 2 [pericoloso per l’infezione dei lavoratori, non per la Comunità, ndr], a meno che sia provato che non possono provocare malattie nell’uomo.

In questo caso, pur nel silenzio della disposizione, è chiaro come l’aggiornamento della classificazione dei virus sia rimesso alle Autorità Sanitarie competenti (non li si nomina, ma il riferimento è, tra gli altri, all’OMS e altre Autorità affini).

La disposizione, come si vede, è un po’ “all’italiana”, potrebbe cioè prestarsi allo “scaricabarile” e al “balletto di competenze”, finchè non sarà recepita la Direttiva UE 2020 su SARS COV2, ma è chiara nella finalità: se un virus è nuovo, ovvero non è contemplato dall’Allegato, la protezione del lavoratore comunque deve essere assicurata. L’effetto del Decreto 81/2008, per una volta, è sicuro, perché chiara ne è la sottostante logica tecnica e scientifica: comprendere SARS COV2 nell’elenco degli “agenti biologici” che mettono a rischio i Lavoratori e che obbligano le Aziende all’adozione delle necessarie misure di protezione/profilassi (in primo luogo, vaccinale).

Ciò detto, la possibilità di imporre il vaccino al Personale (quando sarà disponibile massivamente!) si deduce senza possibilità di equivoco alcuno dall’art. 279.2°comma Decreto 81: (…)

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono gia’ immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente; b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42. (…)

L’articolo di legge è sufficientemente chiaro e non merita ulteriori commenti: il “Medico del Lavoro” (il “Medico competente” che assiste l’Azienda secondo la legge di Sicurezza/Igiene sul Lavoro) può “chiamare” al vaccino il Personale Dipendente delle Aziende assistite. (E il Lavoratore che rifiutare il vaccino, potrebbe trovarsi in una condizione alquanto scomoda… Ma su questo tema torneremo più avanti).

quali i settori interessati dall’obbligo vaccinale? tutti o alcuni? un interrogativo aperto…

Con questo, però, restano aperti molti interrogativi. Tra questi, uno: quali settori, quali dipendenti sono interessati a quest’obbligo vaccinale “speciale”?

A legislazione vigente, tale obbligo è previsto per i lavoratori esposti ad “agenti biologici”.

Di chi stiamo parlando?

A questo riguardo, dobbiamo compulsare l’Allegato XLIV al Decreto 81 che stila un elenco (come vedremo non esaustivo!) delle “attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici”.

Tra queste sono elencate: 1) Attività in industrie alimentari; 2) Attività nell’agricoltura; 3) Attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale; 4) Attività nei servizi sanitari, comprese le unità di isolamento e post mortem; 5) Attività nei laboratori clinici, veterinari, diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica; 6) Attività di impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti; 7) Attività negli impianti per la depurazione delle acque di scarico.

Quando si pensa a queste procedure, si pensa subito (e giustamente!) al Personale della Sanità (compreso nel punto 4), il primo e naturale interessato alle procedure di cui all’art. 279 Decreto 81. Per questo settore, pertanto, via via che il vaccino sarà disponibile, grazie al Decreto 81, prenderà corpo un vero e proprio obbligo vaccinale negli ambienti di lavoro, già previsto a legislazione vigente, senza necessità di un intervento legislativo ad hoc (anche se è consigliabile che il Decreto 81 sia aggiornato, almeno per via di un Decreto Legge, vista l’urgenza della materia). Un obbligo particolare mediato dal filtro tecnico-scientifico del “Medico Competente”8 (chiamato a svolgere la “sorveglianza sanitaria” in Azienda) e reso esecutivo “ordini di servizio” aziendali. Ma pur sempre obbligo vaccinale! Sul punto, si veda anche la FAQ 3 del Garante della Privacy in coda a questo articolo.

Per vaccinare il personale di Sanità, quindi, non serve una legge specifica: già la legge attuale consente di soddisfare questa importante esigenza etica e sociale della Comunità.

Ma gli altri settori? La Scuola? O … altri?

Il punto è molto discusso, è oggetto di forti controversie (e polemiche) sindacali e certo non abbiamo la pretesa di esprimere un parere definitivo in questo piccolo contributo divulgativo. Non mi è nemmeno possibile, in questa sede, dar conto di tutta la serie di contributi (dottrinali, pubblicistici) che si stanno affacciando a trattare questo tema e che certo io non ho l’Autorità per dipanare e discernere.

Mi sia consentito, però, di ritenere coerente (non frutto di “integralismo”) il parere di chi (Guariniello, Ichino) ritiene che il Decreto 81 sia almeno fortemente “modulabile” in senso “vaccinista”. I margini per giungere ad un “obbligo vaccinale anti COVID” negli ambienti di lavoro sulla base della mera legislazione vigente esistono. E – detto fra noi- questo è un fatto da salutare positivamente: ciò, infatti, permetterebbe di mettere in sicurezza dal punto di vista sanitario i lavoratori senza attendere una specifica disposizione di legge, con utile accelerazione dei tempi per il bene della salute collettiva e dell’economia generale del Paese.

La discussione non può essere esaurita in questo modesto contributo, ma non nascondo la mia intenzione di lanciare queste righe come un’utile provocazione per far sì che altri (più autorevoli di me) la raccolgano e dicano la loro.

Al Sottoscritto, in tutta umiltà, però, sia consentito di esprimere (se non un parere) quanto meno un’ipotesi, articolata nei seguenti punti, che, comunque, sottopongo alla Vs. valutazione:

1) L’elenco dei settori interessati da tutela contro gli “agenti biologici” parrebbe un elenco “aperto”, non “chiuso”: Si consideri, ad esempio, il titolo (inequivocabile) dell’ Allegato XLIV: Elenco ESEMPLIFICATIVO delle attività lavorative che possono comportare la presenza di agenti biologici”. Se l’elenco è “esemplificativo”, vuol dire che le tutele e le profilassi di legge contro gli “agenti biologici” non riguardano solo le attività nominate nell’Allegato, ma anche quelle non nominate dove però questo rischio sussista realmente in concreto e sia oggetto di specifica “valutazione dei rischi”. In altre parole, questa formulazione dell’Elenco parrebbe fatta apposta per favorire una “Interpretazione evolutiva” del Decreto 81, che verrebbe così esteso a fonti di rischio biologiche nuove e ulteriori rispetto a quelle esistenti nell’anno (2008) di emanazione del Decreto. Del resto, è legittimo ritenere che l’Elenco XLIV possa essere notevolmente invecchiato e non più rispondente all’attualità. L’elencazione dei settori a rischio biologico lì contenuto è certamente scritto in un’epoca in cui una pandemia era solo uno scenario da film di fantascienza, non una realtà tragicamente concreta come ora. Fino a quest’epoca si poteva pensare che il “rischio infettivo” (da agente biologico) riguardasse solo quei settori che ordinariamente manipolano “agenti biologici e che le misure profilattiche previste dal Decreto 81 (tra cui il vaccino obbligatorio) fossero misure confinate solo a questi settori. Oggi, c’è più di un indizio per ritenere che il “rischio biologico” (ai fini della tutela di Sicurezza sul Lavoro) sia un rischio “diffuso”. E ciò lo si comprende scorrendo i successivi punti 2) e 3).

2) Recenti leggi (emanate nell’emergenza COVID) hanno esteso il “rischio biologico” a tutti gli ambienti di lavoro (art. 29bis DL 23/2020- cd “Decreto Liquidità”)9: nel momento in cui, per la Sicurezza del lavoro, il legislatore ha imposto l’osservanza delle linee guida e protocolli anti-contagio a tutti gli ambienti di lavoro, nessun ambiente di lavoro può dichiararsi a “rischio zero” dal punto di vista infettivo. Ciò giustifica, a maggior ragione, la generalizzazione a tutti gli ambienti di lavoro delle tutele contro il “rischio biologico” degli artt. 266 ss. e in particolare dell’obbligo vaccinale, ben oltre il perimetro inizialmente definito (ma in modo non rigido) dall’ Allegato XLIV.

3) Il rischio contagio da SARS-COV2 è entrato nei normali “Documenti di valutazione dei rischi”: Per scongiurare il contagio, tutte le Aziende, per contrastare il SARSCOV2 hanno adeguato le misure di Sicurezza prevedendo mascherine, distanze etc. Quindi, il “vaccino”

(quando sarà disponibile massivamente) potrà coerentemente essere considerato dalle Aziende quale ulteriore “misura di Sicurezza”!

e se il dipendente rifiuta il vaccino?

A stretto rigore giuridico, una volta che il vaccino sarà “a regime”, una volta che, nello specifico settore (aldilà delle controversie), diventerà obbligatorio e il Dipendente rifiutasse… sarebbero problemi!

Muoviamo dalle strette disposizioni di legge.

Immaginiamo il pericolo di un Medico o di un Infermiere non vaccinato che, in Ospedale, raccolga le infezioni che continuano a circolare e le possa diffondere alla Cittadinanza tutta: costui non può continuare a lavorare: o è disponibile un posto alternativo a minor rischio (è una valutazione che si può fare, lo prevede l’art. 4210 del Decreto 81), oppure la soluzione possibile resta una sola: il licenziamento (di massima, per l’incompatibilità oggettiva che si creerebbe tra lavoratore non vaccinato e ambiente di lavoro) o le dimissioni spontanee del Dipendente stesso.

Ma questa sarebbe una soluzione equa ed equilibrata? Pur confessando di essere un deciso pro vax, da cultore della “Terza Cultura”, non posso nascondere i miei dubbi. Come noto, tutti i problemi umani hanno un lato per così dire “aporetico”, irrisolto, e così inevitabilmente anche il tema dell’obbligo vaccinale SARSCOV2 non è da meno, come tutte le cose umane.

Qualcuno, ad esempio, ci deve ancora spiegare se possa configurarsi una sorta di “diritto al dissenso”, a una sorta di “obiezione di coscienza”: se, in nome della Scienza (non di teorie complottiste o terrapiattiste), esista un diritto del cittadino a resistere all’obbligo vaccinale. Ad esempio, potrebbero prospettarsi per il Lavoratore gravi contro-indicazioni in caso di vaccino, a causa di determinate patologie o altri fattori di criticità; ovvero semplicemente dubbi (legittimi) su possibili pericoli. In queste situazioni, non parrebbe opportuno che tali lavoratori (spesso “fragili”) siano esposti all’alternativa secca: vaccino (magari pericoloso) e perdita del posto di lavoro.

“Salute e Sicurezza vengono prima degli scrupoli personali”: così possiamo riassumere il senso del “Decreto 81”. La linea politica del Decreto è chiarissima e inequivocabile. Ma in questa linea sta anche incontestabilmente il lato “aporetico” (o contraddittorio) del Decreto stesso: aldilà delle opinioni legittime e difformi che si possono elaborare, il Decreto 81, è una legge, se non “pro vaxtout court, certamente modulabile (cioè interpretabile) in senso decisamente “pro vax” : il “Decreto 81” è concepito, infatti, per massimizzare la tutela e la prevenzione dei rischi per la Salute dei Lavoratori e non ammette … “obiezioni di coscienza” in proposito! Quest’impostazione non crea problema per imporre vaccini di collaudata efficacia, ma qualche problema pone (non lo si può negare!) in epoca SARS-COV2.

Al momento attuale, possiamo dire quanto segue:

1) In attesa che il vaccino sia massimamente diffuso e, quindi, in attesa che un eventuale obbligo vaccinale possa “generalizzarsi” per tutti i lavoratori (almeno Dipendenti), in fatto di vaccini, è concesso al Dipendente regolarsi “secondo coscienza” e non subìre intromissioni da parte del Datore di Lavoro senza un’evidente necessità (vedi FAQ 1 e 2 Garante Privacy). In questo senso, si esprimono le recenti FAQ del Garante della Privacy del 18 febbraio 2021, che, senza equivoco alcuno, vietano al Datore di Lavoro di avviare indagini sulle “decisioni vaccinali” dei Dipendenti. Al momento, pare che le “valutazioni vaccinali” dei Dipendenti siano tutelate alla stessa stregua con cui lo Statuto dei Lavoratori (art. 8 l. 300/70) tratta le opinioni politiche, personali, sindacali… dei Lavoratori in Azienda;

2) Quando il vaccino sarà massimamente disponibile, senza entrare nel merito dei settori interessabili dall’obbligo vaccinale per effetto del Decreto 81, crediamo che, a legislazione

vigente, eventuali obiezioni di ordine medico-sanitario al vaccino potranno/dovranno essere sottoposte dal Lavoratore al “Medico del Lavoro” competente per la propria Azienda e da questi valutate (ciò lo si ricaverebbe dai principi generali sulla “sorveglianza sanitaria” ex. Art. 41 ss. Decreto 81);

3) Ulteriori forme di “dissenso al vaccino” … probabilmente dovranno essere trattate in forza di legge, esattamente come per l’obiezione di coscienza contro la vivisezione animale e simili. Ma qui si entra nel campo del puro futuribile.

Il campo dell’eventuale “diritto al dissenso” sul vaccino è un terreno tutto da esplorare, sul quale attualmente, a legge vigente, non è dato trovare un assetto di risposte chiare e soddisfacenti.

Qui, però, sta anche il bello (e il buono) di una visione “terzo culturale” sull’obbligo vaccinale SARS COV2: non vedere il campo dei problemi umani come un’eterna “lavagna buoni cattivi”, ma sforzarsi di vedere i problemi nelle reali, mille sfaccettature: non da tifosi da stadio o social, ma in un’ottica autenticamente umana.

conclusioni

Con questo contributo, naturalmente, non ho la pretesa, né l’arroganza di sostenere di avere assolutamente ragione.

Ma certo mi sia consentito di ritenere fortemente giustificato e coerente il parere di chi ritiene sussistente un obbligo vaccinale negli ambienti di lavoro, anche a legislazione vigente (Decreto 81/2008), senza cioè dover attendere uno specifico provvedimento di legge. Un obbligo, come detto, da intendersi sub condicione, ovvero condizionato alla definitiva e massiva disponibilità del vaccino anti SARS-COV2.

La conseguenza non è da poco: a legislazione vigente, sarebbe garantita un’ampia copertura vaccinale della popolazione, ovvero la popolazione attiva, occupata. Insomma, metà del lavoro (di profilassi) è fatto, resta da pensare (evidentemente, con una legge ad hoc) alla restante parte della popolazione non attiva (es. pensionati). Non male come risultato: specie se si pensa che questo utile servizio alla causa della Medicina preventiva è offerto da una legge, il Decreto 81/2008. Quindi, per una volta, una legge non ha incrementato i problemi, ma ha contribuito a risolverli. Non male, direi. Prendiamo esempio per il futuro.

Qui di seguito le FAQ citate del Garante della Privacy del 17 febbraio 2021 (link: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9543615)

1. Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione? NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento). 2. Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati? NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008). Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008). 3. La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)? Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008). In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica. Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).

Autore

Giorgio Frabetti

Ferrara 1976. Diploma liceale (liceo classico) e
laurea in giurisprudenza dal 2002. Studioso di storia, filosofia e
soprattutto diritto. Al web ha dedicato molti contributi di
divulgazione giuridica, di diritto del lavoro e costituzionale.
Impiegato in uno Studio di Consulenza del Lavoro

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Biografia

Giorgio Frabetti

Ferrara 1976. Diploma liceale (liceo classico) e
laurea in giurisprudenza dal 2002. Studioso di storia, filosofia e
soprattutto diritto. Al web ha dedicato molti contributi di
divulgazione giuridica, di diritto del lavoro e costituzionale.
Impiegato in uno Studio di Consulenza del Lavoro

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