REDAZIONE
In questo ultimo lavoro, Federico Mugnai presenta il contributo che i romanzi di Jules Verne hanno fornito nel secolo successivo alla loro pubblicazione, rispetto alla conquista dello Spazio. In particolare Mugnai mette in evidenza come la feconda fantasia dell’umanista possa essere fonte di ispirazione per gli avanzamenti tecnologici, ma soprattutto come i grandi progressi scientifici siano ampiamente favoriti da un clima sociale, fatto di aspettative e speranze, attese ed interessi, frutto anche del contesto economico e storico caratteristico di una data epoca. A questo clima concorrono in modo determinante le grandi opere artistiche, letterarie e cinematografiche che portano nel dibattito pubblico e nell’immaginario comune temi altrimenti destinati a pochi.
Pochi mesi fa ero alla ricerca di un libro diverso dai soliti classici. Così quando mi recai in libreria, l’occhio mi cadde su “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne: lessi la quarta di copertina, ma serbavo ancora dentro di me i soliti pregiudizi di chi non si è mai avvicinato alla letteratura per ragazzi, nemmeno quando ragazzo un tempo lo ero anch’io. Riuscì a vincere i miei pregiudizi, perché comunque avevo con il tempo notato che Verne era spesso citato in rete ed inoltre la mia fidanzata me ne aveva parlato con un certo entusiasmo. Le riserve che avevo ingiustamente maturato si sono con il tempo dimostrate infondate e lo dimostra il fatto che nei mesi successivi ho letto ben cinque suoi romanzi. Posso affermare senza esitazione che mi hanno lasciato molto di più di quanto mi aspettassi. Ma per capire l’importanza dei libri di Jules Verne non era necessaria certo la mia lettura; ho scoperto un mondo (quello della letteratura fantascientifica) di cui Verne è, se non il primo, sicuramente colui che ha dato consistenza ad un genere che si sarebbe sviluppato e avrebbe assunto un ruolo determinante nella letteratura mondiale con l’inizio del XX° secolo. Non fu Verne infatti il capostipite di quella che verrà nominata science – fiction, ma dette al genere una sua centralità che prima non aveva. Il genere fantascientifico nasce con l’avanzata impetuosa della tecnica, che pone problemi filosofici ed esistenziali che poi trovano riscontro in alcuni libri della prima metà ‘800. È il caso di alcuni racconti di Edgar Allan Poe e del famoso romanzo di Mary Shelley del 1818, “Frankenstein”.
A tratti marcatamente fantascientifici si accostano il genere horror e gotico, ponendo così un contrasto tra la modernità della scienza e l’atmosfera quasi medievale che vi si rintraccia. “Frankenstein” è un romanzo importante, perché il progresso scientifico viene visto nell’ottica pessimista di vero e proprio problema e conflitto con i fini dell’umanità. Mary Shelley vede nel mostro Frankenstein come il pericolo di un uso sconsiderato dei progressi scientifici rappresenti una minaccia per la vita dell’uomo. Fu un pessimismo comune in un’epoca, quella della prima metà ‘800, di trasformazione, in cui la rivoluzione industriale lasciò in eredità dei vantaggi, ma allo stesso tempo tanti problemi ambientali, sociali e politici.
A questo pessimismo, questa fobia della scienza, seguì un certo ottimismo grazie all’irrompere, da metà Ottocento in poi, della filosofia positivistica, ma soprattutto grazie a scoperte scientifiche che migliorarono drasticamente negli anni le condizioni economiche e sociali di gran parte della popolazione. La sempre maggior erosione del potere monarchico, con una lenta ed inesorabile partecipazione politica sempre più allargata, portò con sé l’elaborazione di ideologie come il comunismo, il socialismo ed il conservatorismo che resero la lotta politica sempre più accesa e in un certo senso sempre più partecipata. Tutti questi fattori portarono ad una mobilitazione e ad un entusiasmo nell’immaginare il futuro che prima non si riusciva a scorgere: gli anni febbrili della seconda metà Ottocento presero forma con quella che sarà ribattezzata a fine secolo come la “Belle Epoque”: un irrefrenabile sviluppo economico, pochissime guerre fra stati, molte nuove scoperte scientifiche, tante nuove speranze che esplosero nel cuore di molti.
Fu facendo leva su questo clima euforico che ebbero origine i romanzi di Jules Verne: come già detto sono l’azione e i vari colpi di scena a scandire le pagine dei suoi libri, ma dietro tutto ciò vi è spesso una meticolosa ricerca di dati scientifici su velocità di spostamenti, calcoli fisici e matematici e tanto altro. Prendendo in esame “Il giro del mondo in 80 giorni” possiamo scorgere questo irrefrenabile ottimismo dell’uomo medio vittoriano che, non solo è sprezzante dei pericoli, ma sa gestire le emozioni sia negative, sia positive con il massimo controllo. Gli spostamenti sono sempre più veloci, proprio grazie all’avanzare impetuoso della tecnica: treni e navi sempre più rapidi, l’invenzione delle mongolfiere e l’idea sempre più concreta che un giorno l’altro gli uomini potranno volare attraverso appositi macchinari. Tutto sembra possibile e plausibile, l’uomo sembra capace di superarsi ogni volta di più. In questa specie di epopea, in questo giro del mondo, il protagonista Phileas Fogg, sembra ripercorrere le orme di Ulisse. Dall’eroe omerico riprende la scaltrezza e la capacità di far fronte agli innumerevoli imprevisti con una razionalità e una lucidità uniche. Alla fine del romanzo, dopo aver assistito a tanti colpi di scena e aver conosciuto le abitudini dei vari popoli, si ha come l’impressione che per l’uomo la Terra è ormai un luogo “piccolo” e per questo può ambire a sognare nuove avventure, nuovi viaggi, senza porsi alcun limite. “Il giro del mondo in 80 giorni” è quindi il manifesto della filosofia positivistica dell’epoca ed il suo protagonista rappresenta quell’uomo razionale che sfrutta la scienza per superarsi, migliorarsi e rendere meno difficoltose le condizioni di vita sulla Terra. Riecheggia qua e là l’ottimismo per un futuro per l’umanità sempre più radioso, mentre non vi è traccia dei nuovi problemi che l’epoca impone. E laddove si intravedono dei problemi, si scorge sempre una soluzione, spesso facile da individuare come dimostra lucidamente l’atteggiamento imperturbabile del protagonista Phileas Fogg.
Sempre avventuroso, ma più fantasioso e meno scientifico è il romanzo di Verne “Viaggio al centro della Terra”: la suspence come detto non manca, mentre i dati scientifici e l’immaginazione di mondi paralleli nelle viscere terrestri appaiono ai nostri giorni irrealistici. Resta comunque un romanzo cult per chi ama l’avventura e per l’idea geniale di immaginare un viaggio che ad oggi pare improponibile per tanti fattori tra loro congiunti, come l’elevata temperatura e la consistenza terrestre.
Molto importante per riaffermare il genere fantascientifico è “Ventimila leghe sotto i mari”, precursore di quello che sarà il funzionamento dei sottomarini nei decenni successivi. La descrizione minuziosa del sottomarino Nautilus e del suo funzionamento è talmente accurata e particolareggiata che sembra ripresa da qualche rivista scientifica. Invece all’epoca in cui venne pubblicato il romanzo (1869) non esistevano sottomarini così definiti e complessi. Da quella descrizione così accurata molti scienziati prenderanno spunto per la costruzione dei futuri sottomarini. Le avventure del Capitano Nemo rappresentano un vero e proprio giro del mondo subacqueo, tra mostri marini ed una carambola di avventure. Il Capitano Nemo e Phileas Fogg sono entrambi gli uomini vittoriani per eccellenza: precorrono le scoperte scientifiche, sono sprezzanti del pericolo e sono sempre concentrati sui loro obiettivi da raggiungere. Una caratteristica questa tipica di una buona parte dei protagonisti dei libri di Verne.
Ed arriviamo ai due libri che qua ci interessano maggiormente e che sono tra loro conseguenti: “Dalla Terra alla Luna” e “Intorno alla Luna”. Il viaggio sulla Luna già immaginato nell’antichità e più recentemente da Edgar Allan Poe, assume con Verne un’importanza maggiore grazie ai particolari di carattere scientifico e tecnico ivi presenti per la costruzione del cannone Columbiad da inviare nello spazio. Verne è anche alla ricerca di un modo accettabile per spedire degli uomini sulla Luna, dovendo vincere la forza di gravità terrestre. Ed è così che la sua attenzione si focalizza sugli armamenti della guerra di Secessione americana e per l’appunto su un cannone, il Columbiad, impiegato dall’esercito nordista.
La descrizione del Columbiad è accurata nei minimi dettagli tanto ché sembra proprio di consultare un libro di ingegneria aerospaziale. Altro aspetto importante da considerare è che Verne individua negli Stati Uniti il paese dell’avvenire per i viaggi spaziali. Non è una scelta venuta per caso: l’autore francese ammirava l’eccellenza scientifica statunitense ed era convinto che presto gli Stati Uniti sarebbero diventati una superpotenza su tutti i fronti. Un aspetto curioso è che Verne colloca la partenza del cannone a Tampa Town, in Florida a circa cento chilometri da Cape Canaveral, base per le spedizioni sullo spazio della Nasa.
Sono i soci del Gun Club, un circolo di artiglieri fondato a Baltimora dopo la Guerra di Secessione americana, a promuovere l’impresa di raggiungere la Luna. Il presidente Barbicane e i soci del club danno avvio ad una sottoscrizione pubblica, raccogliendo quasi trenta milioni di franchi e grazie anche all’aiuto dei migliori scienziati di Cambridge affinano i lavori per il cannone e calcolare così i tempi e le distanze per raggiungere al meglio la Luna. Alla fine, dopo alcune peripezie saranno in tre a partire per il viaggio dalla Terra alla Luna: per questo motivo il cannone sarà ingrandito ed assumerà una forma cilindroconica.
Il 30 novembre davanti a milioni di spettatori ci fu la partenza del Columbiad per lo spazio e, secondo le previsioni, i tre avrebbero dovuto raggiungere la Luna il 5 dicembre a mezzanotte nel momento preciso in cui la Luna si sarebbe trovata al perigeo, cioè alla distanza minima dalla Terra. Memorabili le pagine nelle quali vengono descritte minuziosamente le caratteristiche della Luna, la sua morfologia con le varie montagne, pianure e crateri, la differente forza di gravità con la Terra, la composizione chimica del suolo, l’ipotesi della vita sul satellite con la paura dell’incontro con i seleniti. Con “Intorno alla Luna”, il seguito di “Dalla Terra alla Luna”, i lettori possono approfondire ancora maggiormente lo studio capillare della Luna, anche se potrebbero rimanere delusi dal fatto che i tre eroi viaggeranno intorno al satellite senza mai metterci piede. Le discussioni scientifiche con alcuni scienziati inducono Verne a rinunciare di far atterrare i tre protagonisti: una scelta sofferta, ma inevitabile, perché non esistevano studi attendibili che potessero prevedere tale eventualità. Per Verne questo sarebbe stato un passo troppo ardito, troppo immaginativo e troppo poco realistico per l’epoca. “Intorno alla Luna” diventa così un vero e proprio testo divulgativo di selenografia, mentre si perde quasi del tutto l’alone avventuristico che predomina in “Dalla terra alla Luna”.
Vi sono comunque inesattezze più che prevedibili sui dati forniti da Verne e su alcune previsioni non completamente azzeccate. Ma, considerando le conoscenze dell’epoca, il lavoro di Verne sarà pionieristico e fondamentale per mettere al centro le questioni primarie per immaginare il volo nello spazio: l’esigenza di un motore ad esplosione, l’importanza dell’accelerazione, la ricerca di materiali resistenti al calore, lo studio del respiro e il problema dell’assenza di gravità. Ray Bradbury, uno dei più importanti scrittori fantascientifici del Novecento ha affermato: “Senza Verne, molto probabilmente non avremmo mai concepito l’idea di andare sulla Luna”.
Intanto a cavallo tra Ottocento e Novecento nacque a Parigi il cinema e pochi anni più tardi venne proiettato il famoso film di George Melies “Le voyage dans la Lune”, liberamente ispirato ai romanzi di Jules Verne. Nel film la Luna ha fattezze viventi, è popolata da seleniti e vi si ritrova la famosa sequenza del satellite piangente dopo essere stato colpito dal razzo sparato dalla Terra.
Sempre nello stesso periodo la diffusione del fumetto dilaga in tutto il mondo e ben presto uscirono fumetti fantascientifici ispirati ai viaggi spaziali, influenzando l’immaginario collettivo. È il caso ad esempio di “Little Nemo in Slumberland”, realizzato da Winsor McCay, dove il protagonista Nemo vola con un dirigibile sulla Luna e trova il nostro satellite popolato da enormi conigli, mentre il lato oscuro è ostaggio di giganti di roccia. Quindi un fumetto di genere fantasy più che scientifico. Per ritrovare un vero e proprio eroe fantascientifico a fumetti dovremo attendere il 1929 con Buck Rogers, genere che soprattutto negli Stati Uniti spopolerà negli anni seguenti.
Un altro libro invece ispirato a Verne è “I primi uomini sulla Luna” di George Wells, dove si immagina l’esistenza di atmosfera, di vegetazione e anche di fauna, nonché la presenza di seleniti nelle profondità del satellite. Anche in questo caso si tratta di un romanzo più di fantasia che di scienza.
Se l’immaginazione è stata la molla per sognare viaggi spaziali, la realtà con cui fare i conti rimase l’avanzata della tecnica. Un’avanzata impetuosa, soprattutto negli anni dopo la Prima guerra mondiale. Già comunque a partire dai primissimi del ‘900 il russo Ciolkovskij, pubblicò un lavoro scientifico teso alla realizzazione di apparecchi in grado di intraprendere un volo spaziale. Fu però nel 1923 che Robert Goddard costruì un razzo funzionante a ossigeno liquido e benzina e dopo tre anni di intensi studi riuscì a lanciarlo verso il cielo. L’esperimento avvenne ad Auburm nel Massachussetts dove il razzo compirà una parabola di circa 56 metri in poco più di 2 secondi.
Fu un piccolo, ma significativo esperimento che fece scalpore presso l’opinione pubblica: il tedesco Hermann Oberth si mise subito in contatto con Goddard per studiare dei razzi ancora più accurati ed efficienti. Oberth preparò appunto la sua tesi di dottorato sui viaggi spaziali, mettendo in risalto più punti sulle ragioni per cui i progressi della tecnica potessero portare di lì a poco a raggiungere lo spazio. Il lavoro venne però giudicato troppo utopistico dalla commissione esaminatrice.
Nel frattempo anche in Russia, sia per la presenza dell’ormai anziano Ciolkovskij, ancora attivissimo nel realizzare i suoi vecchi propositi, sia per l’emergere di apparecchi sempre più sofisticati e potenti ed infine grazie alla diffusione di letteratura fantascientifica, si accese sempre più l’interesse per lo spazio. Interesse che negli anni Trenta sia in America che in Urss vedrà una battuta di arresto dovuta a più fattori: in America la Grande Depressione portò la concentrazione della gente comune e dei governanti sulle necessità primarie, mentre l’Urss fu colpita duramente dalle grandi purghe staliniane e da un clima di terrore che destabilizzerà tutto l’ambiente. Oltre a ciò dopo l’euforia degli anni precedenti viene fuori una certa disillusione sulle possibilità umane di conquistare lo spazio. È una sfiducia che riguarda più l’uomo rispetto alla scienza: forse le rinnovate tensioni internazionali con l’avanzare dei totalitarismi, portarono con sé un senso di malinconia generale che arrestò o per meglio dire attenuò i sogni spaziali.
Solo in Germania troviamo una situazione diversa, grazie soprattutto all’ingegno e alla tempra di più giovani tra i quali spicca Wernher von Braun. Anche loro lanceranno dei razzi ottenendo risultati ancora migliori di quelli di Goddard: si tratta di piccoli miglioramenti che però ispirano fiducia per il futuro. Come detto non si ferma invece la letteratura fantascientifica che trova in Willy Ley, berlinese trasferitosi in America, rilanciare l’interesse per i romanzi di Verne e a scrivere articoli e libri per stimolare la curiosità per i viaggi spaziali. Nei suoi scritti ribadirà come i dati scientifici e i calcoli astronomici di Verne fossero quasi del tutto esatti, mentre vi erano errori riguardo la tecnologia necessaria per realizzare una simile impresa. Dopo minuziosa analisi dell’opera di Verne, arrivò alla conclusione che il razzo fosse l’unico mezzo per riuscire ad oltrepassare l’atmosfera terrestre e che sarebbe stato necessario adottare un missile a più stadi. Occorreva secondo Ley costruire una stazione spaziale, necessaria come punto di riferimento e di appoggio per organizzare al meglio viaggi extraterrestri.
La seconda guerra mondiale accelerò lo sviluppo sui razzi, soprattutto grazie ai tedeschi che con i missili V2 arrivarono a risultati sorprendenti per l’epoca. Tra i vari supervisori troviamo ancora Von Braun. Il razzo V2 svettò verticalmente sulla rampa di lancio e per la prima volta un oggetto costruito dall’uomo superò la velocità del suono, arrivando ad un’altezza di 80 km. I V2 verranno utilizzati per la continuazione della guerra, ma il loro progetto sarà ripreso dagli americani e dai russi per la successiva battaglia dello spazio.
E lo stesso Von Braun, nonostante il suo appoggio al nazismo, verrà ingaggiato dopo la fine della guerra dagli americani, sebbene l’opinione pubblica fosse a tal proposito contraria. Dal 1949 con l’uscita del libro “La conquista dello spazio” di Willy Ley, l’interesse per i viaggi spaziali riprese dapprima vigore e poi divenne un vero e proprio catalizzatore in larghi strati della popolazione. Inoltre anche a livello scientifico, le prove di forza dei tedeschi con i razzi V2, suscitarono nuove speranze sulla possibile riuscita dell’impresa spaziale. La guerra fredda tra USA e URSS accelerò ulteriormente la rincorsa allo spazio: ci si rese presto conto che raggiungere prima lo spazio avrebbe dimostrato agli occhi del mondo la propria superiorità tecnologica sul rivale. Una cospicua produzione letteraria fece da contorno a questa sfida epocale: tra i vari autori del periodo ritengo doveroso citare Arthur Clarke, ispirato anche lui ai libri di Verne.
Con “Preludio allo spazio” la domanda non fu più se si fosse arrivati prima o dopo alla Luna, ma cosa sarebbe successo dopo. Ci si chiese se esistessero o meno gli alieni, se gli avvistamenti di dischi volanti fossero riferibili ad Ufo o meno, se insomma esistesse vita fuori dalla Terra. Anche in Italia crebbe l’interesse per la fantascienza e per i progressi scientifici riguardo la possibile conquista dello spazio. A tal proposito è doveroso sottolineare l’importanza che rivestì la pubblicazione de “I romanzi di Urania”, una collana di testi fantascientifici uscita a partire dai primi anni 50’.
Nel frattempo la corsa allo spazio subì una notevole accelerata: nel 1957 il russo Yuri Gagarin fu il primo uomo a volare nello spazio. Intervistato al rientro dal viaggio spaziale dirà. “Leggevo molto per recuperare il tempo perduto nella mia infanzia, e come tutti ero affascinato da Jules Verne, Conan Doyle e Herbert Wells”.
Gli Stati Uniti persero diverse battaglie a vantaggio dei russi, che in apparenza sembravano più preparati. Capendo le difficoltà americane, il Presidente Eisenhower creò nel 1958 la NASA, acronimo di National Aeronautics and Space Administration, un’agenzia governativa responsabile del programma spaziale. Il Presidente Kennedy, succeduto ad Eisenhower, dopo alcune incertezze e dubbi, intuì la portata della sfida spaziale e decise di investire somme ingenti. Anche nelle missioni successive in orbita alla Luna, i russi riuscirono a primeggiare, ma gli USA stavano preparando il colpo definitivo: lo sbarco sulla Luna. Un programma meticoloso che vide protagonisti giovani scienziati affiancati dal solito Von Braun, vero perno della NASA, e artefice delle varie missioni Apollo che segneranno la storia dei viaggi sulla Luna. Un lento ed inesorabile avvicinamento che troverà eco anche nel cinema e nella letteratura con il celeberrimo “2001: Odissea nello spazio” film realizzato da Stanley Kubrik basato sul libro di Arthur Clarke.
Quello che poteva apparire come un sogno immaginifico, l’idea folle di Jules Verne di immaginare un razzo diretto verso la Luna divenne realtà il 20 Luglio 1969, quando Neil Armstrong mise i piedi sul nostro satellite affermando in diretta televisiva mondiale la seguente celeberrima frase: “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande passo per l’umanità.”
Tutto ciò avvenne circa un secolo dopo la pubblicazione dei romanzi di Verne, questa volta addirittura con un vero e proprio allunaggio. Alla fine “la guerra” dello spazio fu vinta dagli Stati Uniti, anche se è doveroso riconoscere all’URSS il raggiungimento di tanti piccoli e grandi traguardi spaziali di non poco conto. L’entusiasmo della gente comune per i viaggi spaziali fu all’epoca talmente grande da creare un’aspettativa incredibile riguardo il futuro dell’umanità. Sembrò ai più che se si era raggiunti lo spazio e si era atterrati sulla Luna, la scienza avrebbe potuto risolvere gran parte dei mali dell’umanità. Vi era poi la realizzazione di quei sogni fantascientifici che tanto avevano ispirato giovani e meno giovani e che ora erano divenuti realtà. Tutto questo insieme portò ad una curiosità ed un interesse per lo spazio che con il tempo si è però affievolito. L’ importanza dell’allunaggio nella storia dell’umanità non è comunque messa in discussione, ma segna anzi un’ulteriore rivoluzione che è indubbiamente uno spartiacque importante: l’uomo non è più “schiavo” della Terra, ma può immaginare ulteriori mondi da scoprire ed abitare. Eppure nessun uomo dal 1971 è più tornato sulla Luna: i viaggi spaziali proseguono, le ricerche sui pianeti del sistema solare sono sempre più accurate, ma manca l’entusiasmo di un tempo. Ragioni economiche e sociali, un minor ottimismo e fiducia sul futuro, portano inevitabilmente ad un minor interesse per lo spazio. Anche il viaggio su Marte di cui si parlò e progettò subito dopo l’allunaggio e nei decenni successivi, è stato (per ora) sempre rimandato. Niente comunque può cancellare l’intrepida rincorsa allo spazio dalla seconda metà anni ‘50 fino al 1969: una vera epopea che ha suscitato emozioni forti in tutto il mondo.
Si può affermare senza dubbio alcuno che non sia stato solo il progresso scientifico a portare alla realizzazione del sogno di raggiungere la Luna. O per meglio dire: la scienza ha trovato ispirazione dai romanzi di Verne e dalle seguenti produzioni letterarie e cinematografiche per potersi superare e fare in modo che il vecchio sogno si avverasse. La letteratura ed il cinema sono stati un traino importante per lo sviluppo tecnologico, perché hanno creato un’enorme aspettativa e un grande entusiasmo dinanzi alla possibilità dei viaggi nello spazio. Questa è la dimostrazione di come l’unione tra la cultura umanistica e quella scientifica possa insieme apportare nuovi avanzamenti per l’umanità. L’invenzione del genere fantascientifico ha dato consistenza all’unione tra le due discipline, perché ha saputo unire l’immaginazione con i dati ed i numeri scientifici. Un genere che tutt’oggi ha grande successo di pubblico e che vede Jules Verne come il padre nobile. Un autore a cui siamo debitori per averci immerso in un mondo immaginifico, che però un secolo dopo, grazie proprio al suo essere visionario, divenne realtà.
LETTURE:
- Jules Verne – Dalla Terra alla Luna – Crescere, 2018
- Jules Verne – Intorno alla Luna – Independently published, 2020
- Jules Verne – Ventimila leghe sotto i mari – Einaudi, 2009
- Jules Verne – Il giro del mondo in 80 giorni – Feltrinelli, 2014
- Jules Verne – Viaggio al centro della Terra – Demetra, 2023
- Maria Giulia Andretta, Marco Ciardi – Stregati dalla Luna – Carocci, 2019