La Redazione colloquia con Tarek Komin

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La Redazione colloquia con Tarek Komin

la redazione

Inauguriamo questo spazio dedicato alle conversazioni ponendo alcune domande ad una persona molto versatile e dai mille interessi, capace di cimentarsi in più ambiti, dalla musica alla pittura, dalla scrittura allo studio approfondito della natura umana. Tarek Komin è per sua indole e natura una persona immersa nella terza cultura anche se forse non ha mai dato questo nome alla prospettiva con cui guarda l’uomo ed il mondo. Uno degli ultimi progetti a cui ha collaborato, l’audiolibro “le avventure di Pinocchio” è la dimostrazione diretta di questo approccio.

Ciao Tarek, ci fa molto piacere parlare di un’iniziativa molto interessante alla cui realizzazione hai collaborato: Le avventure di Pinocchio. È un progetto articolato, ce ne vuoi parlare?

Il progetto ha come protagonisti un attore, Enrico Paci, me nella veste di compositore, una libreria editrice del 1926 Paci LA TIFERNATE, una tipografia attiva dal 1799, la Grifani Donati e tanti collaboratori uniti dall’amore per l’intramontabile romanzo di Carlo Collodi.

L’idea si ispira a una specifica e speciale edizione del romanzo, divenuta rara: quella edita nel 1944 dalla libreria editrice Paci LA TIFERNATE di Città di Castello, con prefazione di Attilio Momigliano. L’opera è impreziosita da ben 98 illustrazioni, realizzate a soli 15 anni dall’artista tifernate Benito Albi Bachini.

Enrico Paci ha pensato di realizzare un audiolibro. Complice il periodo di lockdown da pandemia COVID 19, che ha fornito quelle ore di lavorazione solitaria che il progetto richiedeva, lui ha letto e io musicato la versione integrale de LE AVVENTURE DI PINOCCHIO, oltre cinque ore di registrazione. All’impresa si sono uniti gli amici e attori Giacomo Rosselli (Geppetto), Mauro Silvestrini (Grillo parlante), Alessia Martinelli (Fatina), nonché Maria Rosaria Vitiello (grafica) e Michele Pazzaglia (mixaggio).

Ma il progetto non si è fermato qui vero?

Il lavoro è stato finanziato tramite crowdfunding, che ha permesso oltre alla realizzazione dell’audiolibro la ristampa anastatica dell’edizione de LE AVVENTURE DI PINOCCHIO edita dalla libreria editrice Paci LA TIFERNATE che tornerà così alla luce.

Dalle illustrazioni sono state create, dai clichè originali, delle preziose stampe (realizzate a mano e numerate) da parte della storica tipografia Grifani Donati di Città di Castello il cui contributo arricchisce ulteriormente il progetto. Verrà realizzato anche un poster con la storia di Pinocchio per immagini, sempre utilizzando i disegni di Benito Albi Bachini.

Alla squadra si è unito l’artigiano burattinaio Damiano Zigrino che ha creato dei meravigliosi burattini da accompagnare alla vendita dell’audiolibro.

Maria Rosaria Vitiello poi si sta occupando della grafica del cofanetto cd.

La bellezza di questo progetto si racchiude a nostro avviso in alcune parole: recupero, tradizione, attualizzazione, contaminazione di espressioni artistiche, collaborazione. Cosa ne pensi?

Ho collaborato con Enrico a diversi progetti, soprattutto spettacoli teatrali ma è la prima volta che mi cimento nel musicare un audiolibro ed è stato stimolante, dal punto di vista creativo, comporne la colonna sonora. È stata, tra l’altro, un’occasione preziosa per me di riscoprire Pinocchio, quello originale, diverso dalla versione edulcorata Disney, con cui molti di noi cresciuti. Più crudo, intenso, con una costellazione peculiare di personaggi che colorano il mondo del burattino, a volte anche con tinte inattese e cupe. Credo che il processo di attualizzazione, se così si può dire, sia venuto fuori spontaneamente, anche limitandosi a motivi anagrafici (Enrico è nato nel 1983 e io nel 1984); l’approccio creativo è dunque contaminato sia dalle nostre esperienze che dal fatto che si tratta di un lavoro realizzato nel 2020. L’interpretazione attoriale, non solo di Enrico ma anche degli altri interpreti che hanno partecipato, è infatti fresca e leggera, davvero distintiva. Credo che questo mi abbia aiutato ulteriormente nel cercare di dare alla musica un orientamento contemporaneo e insolito, meno didascalico rispetto all’idea di audiolibro classica. La sintonia con Enrico è stata totale anche nei feedback che ci siamo scambiati durante la fase compositiva e interpretativa.

Tu sei una persona poliedrica, sei laureato in studi storici antropologici, hai studiato al conservatorio, sei compositore, scrivi romanzi e dipingi. Una domanda per la cui risposta forse non bastano le parole, cosa è per te l’arte?

Perfino circoscrivendo alla mia esperienza personale rispondere a questa domanda non è facile. Lancerò qualche spunto sul tavolo della conversazione: arte come una via buona per la sensibilità? Non solo intesa come sfogo, qualcosa che possa andare oltre il concetto terapeutico. Cerco di spiegarmi: non sempre avere una ricettività sviluppata e allenata è semplice. Indubbiamente, per l’espressione artistica, osservare, o quantomeno un certo tipo di osservazione, è molto utile (non so se nel mio caso è colpa o merito degli studi, dannata antropologia amplificatrice!). Tuttavia è indispensabile che questi stimoli non si costituiscano come un peso alla vita; ecco forse l’espressione artistica è una soluzione per incanalarli in modo costruttivo e anche divertente. Per alleggerirli e allo stesso tempo connetterli a un messaggio, se si ha qualcosa da dire. Perché ovviamente è anche un modo di esprimersi e di comunicare. È un gioco leggero di contraddizioni, perché il talento esiste ma non si possono ignorare tecnica e pratica, il lavoro duro, le sconfitte quotidiane e i lampi improvvisi di creatività. Da fruitore, poi, l’arte è eccelsa, forse ciò che ci distingue realmente dagli altri esseri viventi, che ci fa restare a bocca aperta e impallidire di fronte al genio, che può tenerci svegli la notte perché sussurra qualcosa all’anima.

E la musica in particolare?

Se la scrittura è il mio secondo lavoro che svolgo in modo sempre più professionale e che mi sta dando i riscontri più importanti e, al contrario, al disegno e alla pittura mi sono avvicinato da poco per divertirmi con curiosità senza chissà quali aspettative e per mettermi in gioco, la musica è la prima arte che ho incontrato e di cui forse ho i ricordi più teneri, dovuti anche all’età che avevo quando questo amore è sbocciato. Ho iniziato a studiare pianoforte alle medie e poi ho proseguito al Conservatorio Morlacchi di Perugia, durante gli anni del Liceo. Le dita che imparavano a trovare i tasti nella memoria tipica delle mani, i sacrifici dei miei genitori e i viaggi spassosi in auto con un mio amico che studiava il violino e che ora purtroppo non c’è più, le ore interminabili di studio, i pomeriggi di lotta tra Bach e il desiderio di comporre punk adolescenziale sfidando la resistenza delle corde e  dei martelletti, le prime canzoni scritte per le prime ragazze e poi i primi passi negli studi di registrazione, quando dovevi far tutto bene e alla prima perché le ore costavano e i soldi in tasca erano pochi, i gruppetti, i primi concerti e il primi album, la sensazione di invincibilità quando un tuo pezzo veniva selezionato ad un festival o quando eri chiamato a suonare in un circolo Arci scalcinato e poetico della periferia di Milano, l’ego orgoglioso e l’adrenalina da palcoscenico e quell’idea ribelle di affermarsi dicendo la verità e nascondendosi al tempo stesso tra le note. La musica per me è tutto questo e anche di più. Pur frequentandola oggi con meno continuità non riesco ad immaginarmi senza e, anche quando non suono, trova sempre il modo di tornare a farmi compagnia, come un cucciolo fedele a cui siamo debitori anche solo per uno sguardo d’amore incondizionato. E mi sento in colpa se non faccio accordare quando dovrei il pianoforte.

Mettere insieme più espressioni artistiche quali vantaggi può apportare alla conoscenza della natura umana? Te lo chiedo sia da antropologo che da artista.

Credo sia una ricchezza importante cercare di osservare le cose da più punti di vista, anche nell’approccio artistico. Al di là delle contaminazioni intrinseche più evidenti, che sono molto utili (basti pensare ad esempio al concetto di ritmo in scrittura e musica), credo che la figura dell’artista nel 2021 debba essere sempre più completa, non tanto nel saper produrre espressioni artistiche multidisciplinari quanto nell’avere consapevolezza. Con la cultura e la storia davvero a portata di clic non si può prescindere dal conoscere quanto più possibile, anche perché è naturale essere sovra stimolati. E allora l’artista dovrebbe coltivare quel lato “cerebrale” anche per rielaborare un’idea che sia davvero “più sua”, limitando i rischi del già detto ma anche quelli di un’originalità fine a sé stessa la cui costruzione distaccata viene in molti casi percepita.

Nel creare la colonna sonora di questo audiolibro quali atmosfere hai voluto ricreare e a cosa ti sei ispirato?

Un audiolibro di 36 capitoli per quasi sei ore di recitato richiedeva un linguaggio musicale pensato specificamente. Come accennato sopra ho cercato un approccio che fosse, oltre che caratterizzante e omogeneo, più contemporaneo e meno didascalico dei classici audiolibri che sentivamo nelle musicassette da bambini, ad esempio. E tuttavia, di quegli anni ’80, in qualche suono posso aver nascosto dei richiami. Le sonorità sono in gran parte elettroniche e anche quando sono andato a commentare o sottolineare in maniera più stringente un passaggio della lettura ho evitato di ripetere quanto il testo già recitava cercando di aggiungere un respiro un po’ più ampio. Non troverete, ad esempio, il cigolio campionato di una porta laddove il testo dice: la porta cigolò.

Una domanda ancora più difficile, se possibile. Che caratteristiche ha nella tua esperienza personale l’accesso creativo?

Ti rispondo in generale, credo possa valere sia per la musica che per la scrittura. La nascita di un’idea, lo spunto o la suggestione che siano, è sempre un momento interessante anche se alla fine l’idea non si rivela giusta o vincente. Credo che l’esperienza aiuti molto non tanto nel farsi venire un’idea da cui partire ma per elaborarne una che sia ottima per la specifica realizzazione dello spunto inziale. La realizzazione acquista altrettanta importanza, insomma. In qualche modo anche la fantasia viene educata da questo processo e non è un elemento limitante, anzi. Le idee non mancano mai e se si riesce a comprendere che non tutte sono geniali o, meglio, hanno potenzialità per esserlo in quel preciso momento e con il preciso media di riferimento, si ha una forza e una consapevolezza fondamentali nell’approcciarsi a un nuovo lavoro creativo. Poi, forse, si possono distinguere certe folgorazioni, lampi che avverti subito possano avere una marcia in più; che sia nella semplicità di un’analogia o nella svolta architettonica della struttura di una storia. Sono come immagini che arrivano in momenti particolari, non solo di gioia o sofferenza, ma magari in situazioni in cui inconsciamente abbiamo bisogno di ascoltarci e lasciarsi rapire da fascinazioni o catene di pensieri che ti si aprono davanti come una prateria di cui fino a un secondo prima ignoravi l’esistenza. Creare dà una dipendenza buona. Grazie dell’opportunità e della bella intervista!

Grazie a te di averci dedicato il tuo tempo.

Tarek Komin

E’ nato a Sansepolcro l’11 gennaio 1984. Si è laureato ad Arezzo in studi storici antrolpologici nel febbraio 2009. E’ autore di romanzi, raccolte di poesie e di racconti.
I suoi ultimi libri sono usciti per Bertoni Editore (“Hiroi Kata” 2017, “Il Primo Poeta nello Spazio” 2019), Augh! Edizioni (“Il Nido delle Tasche” 2017) e Watson Edizioni (“Emilio Seminci e i Giorni dell’Umanesimo” 2015).

Autore

Carlo Martini

Arezzo, 1978. Appassionato di scienze cognitive e di arte.
Si è diplomato al Liceo Scientifico Francesco Redi di Arezzo nel 1997
Si è laureato in Farmacia presso l’Università degli Studi di Perugia
nel 2006 con una tesi sperimentale in chimica farmaceutica
Lavora in una farmacia di Arezzo occupandosi al suo interno anche di medicina integrata

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Biografia

Carlo Martini

Arezzo, 1978. Appassionato di scienze cognitive e di arte.
Si è diplomato al Liceo Scientifico Francesco Redi di Arezzo nel 1997
Si è laureato in Farmacia presso l’Università degli Studi di Perugia
nel 2006 con una tesi sperimentale in chimica farmaceutica
Lavora in una farmacia di Arezzo occupandosi al suo interno anche di medicina integrata

Tarek Komin

E’ nato a Sansepolcro l’11 gennaio 1984. Si è laureato ad Arezzo in studi storici antrolpologici nel febbraio 2009. E’ autore di romanzi, raccolte di poesie e di racconti.
I suoi ultimi libri sono usciti per Bertoni Editore (“Hiroi Kata” 2017, “Il Primo Poeta nello Spazio” 2019), Augh! Edizioni (“Il Nido delle Tasche” 2017) e Watson Edizioni (“Emilio Seminci e i Giorni dell’Umanesimo” 2015).

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