L’interdisciplinarietà dell’economia

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L’interdisciplinarietà dell’economia
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FRANCESCO CHECCACCI

Redazione

In questo articolo Checcacci ci invita a considerare la necessaria interdisciplinarietà per il lavoro e lo studio dell’economista con efficace sintesi e chiarezza.

Lo studio e le applicazioni di ogni parte dello scibile umano non possono essere completi né compresi appieno fino in fondo ed applicate con successo limitandosi alla disciplina intesa in senso stretto.

Questo è particolarmente vero quando si parla di discipline applicate, anche nel caso delle scienze sociali.

Non solo l’economia, ma anche la finanza, hanno bisogno dell’apporto di materie non necessariamente considerate ad esse correlate.

Economia storia e filosofia

Non si può infatti comprendere appieno una situazione economica, sia di crisi che di espansione, senza guardare ai precedenti, cercando di isolare per quanto possibile le cause determinanti degli sviluppi del passato per comprendere punti in comune e particolarità del momento attuale. Se questo è più evidente in una crisi, non è meno vero in situazioni di equilibrio apparentemente quasi perfetto. Anzi: sono esattamente gli sguardi ampi che permettono di leggere i segnali deboli dei futuri sviluppi prima che tutti li abbiano individuati, permettendo all’analista di contribuire alla politica economica e monetaria o di prendere posizioni che possono avvantaggiarlo.

Per iniziare, quanto sopra implica il contributo di diverse discipline umanistiche, partendo dalla storia per arrivare alla logica e alla filosofia, che permettono di capire le situazioni passate ed il contesto corrente, anche dal punto di vista politico. Non è infatti concepibile isolare la politica economica, sia che la si analizzi che la si influenzi, dal contesto politico e geopolitico interno e globale e dallo zeitgeist che li influenza ed è da questi influenzato.

Economia e etica

Contributi forse meno ovvi, ma non senza utilità, vengono senz’altro anche dall’etica.

Non scordiamo che Adam Smith, considerato il padre delle discipline economiche come le concepiamo oggi, era professore di etica, né che le scelte economiche sia a livello micro che macro e consapevolmente o meno, sono senza dubbio anche scelte etiche.

L’idea, piuttosto comune per lo più tra chi parla della disciplina senza conoscerla, che non esista una dimensione etica in queste scelte non ha in effetti alcun senso. Infatti, ammesso che le scelte degli agenti economici venissero fatte senza riferimento alla dimensione etica, la scelta di escluderla sarebbe una decisione che non può non definirsi etica.

Economia e psicologia

Facciamo poi riferimento ad una delle discipline la cui relazione con le dimensioni sia economiche che finanziarie è ormai chiara a tutti: la psicologia.

Solo un paio di esempi rapidi di queste interazioni sono il premio Nobel per l’economia assegnato a Daniel Kahneman per gli sviluppi dell’economia e della finanza comportamentali, che hanno in anni recenti raggiunto notorietà ben oltre le istituzioni accademiche. Kahneman, partendo dai suoi studi di psicologia cognitiva2, arrivò a descrivere le decisioni economiche in regime di incertezza, facendo evolvere la teoria microeconomica prevalente che postulava precedentemente una razionalità assoluta in ogni situazione. Lo psicologo di Princeton dimostrò, grazie ad esperimenti mirati, che esistevano dei pregiudizi (in senso letterale, ovvero di idee che precedono l’esperienza) inerenti ad alcune questioni psicologiche, come il pregiudizio di conferma e quello di non voler riconoscere una perdita, che influenzavano le decisioni in situazioni incerte. Questo ha aperto una serie di studi, sia in economia che in finanza, che hanno permesso agli economisti una ben maggiore capacità predittiva, come vedremo sotto.

Economia e matematica

Altro riferimento noto è alla matematica, che ha anch’essa dato contributi importantissimi alle discipline economiche, anche queste riconosciute con un premio Nobel assegnato a John Nash che fu pioniere della teoria dei giochi4, che è poi sfociata anch’essa, come l’economia comportamentale, in un nuovo campo di studi della materia economica.

Questo sistema di ragionamento permette di analizzare il modo in cui vengono prese decisioni in situazioni dinamiche, sia competitive che collaborative, anche se inizialmente l’enfasi fu sui giochi competitivi. La teoria dei giochi viene utilizzata in molti campi diversi, compresi quelli militari e politici.

Economia e sociologia

Forse meno immediatamente noto è invece il contributo della sociologia agli esperimenti relativamente recenti portati avanti soprattutto a livello di microeconomia che hanno permesso, insieme agli sviluppi della psicologia visti sopra, di giungere a precisioni previsionali ormai superiori al 90%, in linea quindi, se non meglio, con molto scienze applicate come meteorologia e discipline quantistiche.

In sostanza sia l’economia che la finanza non possono non essere interdisciplinari, in parte perché provengono esse stesse da applicazioni di altre discipline, in parte perché la comprensione delle dinamiche che studiano ha bisogno di contributi da una lunga lista di altre aree dello scibile umano, delle quali la lista qui presentata non è che una parte incompleta.

Vediamo un esempio di ragionamento intrinsecamente interdisciplinare è la costruzione di scenari complessi per prendere posizioni di investimento.

Una proposta di analisi interdisciplinare riguardo ad una vicenda recente

Durante la crisi dell’Euro, la possibilità di un’uscita della Grecia veniva ventilata spesso. Questa avrebbe portato ad uno sconto importante sui titoli di Stato greci ridenominati in una possibile ‘nuova dracma’.

Un evento del genere avrebbe però avuto conseguenze drammatiche per la popolazione greca, in quanto non avrebbe potuto non precipitare fallimenti a catena a partire dal settore bancario e a cascata estendendosi alle aziende che hanno debiti in euro, di fornitura o meno.

Qui la chiave è comprendere la situazione attraverso il prisma economico, finanziario e politico, oltre che storico.

Dal punto di vista strettamente economico, possono esistere vincoli relativi e superabili ad una mossa del genere, che però dal punto di vista finanziario ha implicazioni molto più serie. In particolare, è necessario osservare che un fallimento ha motivazioni economiche, ma avviene sempre per motivi di cassa. Nel caso della Grecia, quando il partito Syriza, vinte le elezioni, andò alla BCE a sbattere i pugni sul tavolo, non aveva tenuto conto che il sistema bancario greco si reggeva esclusivamente grazie ad una linea di credito straordinaria ed incondizionata della stessa BCE. Syriza però aveva promesso mari e monti ai suoi elettori e quindi aveva nominato l’economista greco Varoufakis per sbrogliare la situazione. Varoufakis non è un esperto di finanza e non aveva probabilmente capito quanto fragile fosse la sua posizione (aveva però trasferito i suoi soldi e quelli di Tsipras all’estero prima di partire per Bruxelles, quindi non era completamente sprovveduto).

Syriza aveva con ogni probabilità coperture politiche da alcune potenze no UE e non NATO, particolarmente dalla Russia. E qui si entra nell’ambito politico e storico. Va infatti tenuto presente che Mosca si vede come terza Roma, erede della tradizione imperiale cristiana dopo la caduta di Roma e Costantinopoli, a causa dei legami degli Zar con la famiglia imperiale bizantina. Inoltre, la Russia ha bisogno di uno sbocco portuale oltre i Dardanelli, se non altro per riuscire a riunire la flotta del Mar Nero con quella del Mare del Nord in caso di necessità. Questo porto è stato da decenni in Siria, ma al momento della crisi greca la Siria era nel mezzo di una guerra civile senza certezza per la Russia di mantenerlo. La Grecia avrebbe quindi potuto rappresentare, specialmente in una delle isole che possiede, una base ideale per la flotta russa. Si noti per inciso che per questo stesso motivo, tra gli altri, la Russia ha annesso la Crimea.

In buona sostanza esisteva un’analisi sofisticata che avrebbe potuto portare ad un’uscita della Grecia dall’euro e anche dalla UE e dalla NATO, se non fosse che il punto debole era quasi ragionieristico: la solvibilità del sistema bancario, che implica quella delle imprese e dello Stato. Quindi a Draghi, allora Governatore della BCE, bastò interrompere la linea di credito alle banche greche per qualche ora per riportare i radicali di Syriza a più miti consigli. Probabilmente Draghi aveva compreso la scommessa dei greci e ne aveva capito motivazioni ed implicazioni, ma era un passo avanti sulla pura pratica.

Letture:

  1. Dornbusch, R, Fischer, S. et al. Economics
  2. Kahnemann, D., Thinking, fast and slow
  3. Dutta, P., Strategies and Games: Theory and Practice
  4. Nash, J., Non-cooperative Games
  5. Keynes, J.M., The General Theory of Employment, Interest and Money

Autore

Francesco Checcacci

Arezzo, 1971. Liceo classico Petrarca, laurea in Economia a Firenze e specializzazione alla Cass Business School di Londra.
Economista finanziario sia in campo bancario che aziendale. Quinto anno di Conservatorio.

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Biografia

Francesco Checcacci

Arezzo, 1971. Liceo classico Petrarca, laurea in Economia a Firenze e specializzazione alla Cass Business School di Londra.
Economista finanziario sia in campo bancario che aziendale. Quinto anno di Conservatorio.

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