redazione
Sandro Farinelli attraverso l’analisi dettagliata e competente de La Scuola di Atene ci permette di toccare l’apice della cultura rinascimentale. Una cultura precedente alla rivoluzione scientifica che fece prendere a scienza ed umanesimo strade divergenti. Man mano che si avanza nella lettura dell’articolo scopriamo che al tempo di Raffaello matematica e filosofia, musica e astronomia, poesia ed arti figurative facevano parte tutte insieme, senza alcun primato, del bagaglio culturale necessario a conoscere il mondo. L’articolo ci propone di riflettere sullo stato attuale della conoscenza, tali discipline si sono affinate enormemente ed arricchite di infiniti dettagli, e ci invita a cogliere nuovamente l’unitarietà del sapere come strumento di maggiore comprensione della realtà.
La Scuola di Atene di Raffaello
Palazzi Vaticani, Stanza della Segnatura, 1509-1511
Commissione: Papa Giulio II° della Rovere
Piero della francesca sotto la scuola di atene
Il titolo al grande affresco, 5 metri di altezza per quasi 8 in larghezza, è stato apposto dalla critica moderna, proprio perché i due protagonisti sono Platone ed Aristotele.
O almeno questo è ciò che sembra ad una visione superficiale. Infatti Raffaello qui adotta il metodo del suo predecessore Piero della Francesca: anche Piero aveva infatti dipinto sulla stessa parete durante il pontificato di Pio II, e sarà Giulio II ad ordinare la distruzione di quegli affreschi per far posto a quelli di Raffaello.
Il metodo compositivo di Piero, ancorchè meno evoluto di quello del Sanzio, investe sulla quantità dei personaggi così da stordire il riguardante semplice con il colore, invitando al contempo il ricercatore ad entrare dentro la composizione per guardare meglio, così da scoprire figure e significati che richiedono tempo e disponibilità di mente.
In questo caso scopriamo che i protagonisti della Scuola di Atene sono sì Platone ed Aristotele, ma per il solo gruppo di personaggi riunito al di sotto dell’arcone centrale. Accanto a questo, ce ne sono almeno altri cinque o sei a seconda di come si voglia dividere ed identificare il resto dei personaggi.
La struttura architettonica
Iniziando a leggere dal fondo, l’architettura stessa è significativa: un gigantesco arco a tutto sesto in ultimo piano accenna ad un atrio da cui si accede ad un ambiente interno, luminosissimo, sotto una presunta cupola di cui si vede solo l’imposta. Da qui lo sguardo esce verso le scale esterne, un vero proscenio dove avviene l’azione.
Nell’architettura è nascosto il primo significato: la cassettonatura fatta di esagoni regolari intervallati ritmicamente da rombi, strizza l’occhio alla cupola del Pantheon romano. La Roma classica è la grande mamma della riscoperta dell’antico, dentro cui tutta la vita immaginativa di Raffaello e del primo Cinquecento affondano le radici.
Guardando con attenzione si scorgono sagome scorciatissime e appena aggettanti da nicchie poste immediatamente sopra le teste del gruppo Platone/Aristotele. Comunemente ignorate, queste statue orientano il significato: l’epoca contemporanea a Raffaello ha riscoperto gli Uomini Illustri dell’antichità, riportandone in vita una buona parte attraverso i loro insegnamenti mentre altri, le statue, aspettano il momento per una nuova gloria.
La fortuna di questa composizione si può vedere tutti i giorni passeggiando nel cortile degli Uffizi fiorentini, dedicati ai “nostri” Uomini Illustri.
Rinforza il significato la geometria impressa nel monocromo architettonico: il punto di fuga centrale casca proprio tra Platone e Aristotele concretizzando il motto aristotelico “in medio stat virtus” cioè “la virtù sta nel mezzo”, evidente rimando alla continua ricerca di equilibrio dell’Auriga platonico nel Fedro.
Platone e aristotele
Volendo identificare: Platone somiglia molto a Leonardo da Vinci, mentre Aristotele è stato identificato con Bastiano da Sangallo, nipote di Giuliano e Antonio, pittore, architetto e scenografo già allievo di Michelangelo Buonarroti e Pietro Perugino, secondo Giorgio Vasari (con il quale lavora) già soprannominato “Aristotile” in vita per la predilezione alla meditazione.
Notevole l’esposizione dei libri con titolo evidente per ciascuno: il Timeo platonico e l’Etica Nicomachea per Aristotele. Sono due dei ‘best seller’ del momento, un po’ come trovare il Codice da Vinci di Dan Brown in un dipinto contemporaneo.
Il primo è il dialogo della maturità platonica, composto probabilmente nell’arco di una vita sotto forma di appunti, ha soltanto la cornice del dialogo: in realtà è un lungo monologo del protagonista Timeo in cui si parte dalla Creazione, quindi dal Macrocosmo, per giungere attraverso passaggi stringenti al Microcosmo dell’Anima umana che si ricollega all’immensità dell’Infinito, in un affascinante ed eterno circolo di evoluzione ed esperienze.
L’Etica Nicomachea (dal latino ad Nicomachum, il figlio destinatario dell’insegnamento) rappresenta lo sviluppo pratico del platonismo: se infatti Platone è ritratto indicante il cielo, Aristotele indica la terra perché allude all’effetto che la speculazione sulla cosmogonìa ed il mondo delle idee deve avere sul singolo individuo e, di conseguenza, sulla costruzione della società attraverso la scelta cosciente delle Virtù, un cauto approccio nei confronti del piacere, la riflessione su cosa sia veramente la Felicità, l’importanza della disciplina e del controllo interiore e via di seguito.
Quindi equilibrare platonismo ed aristotelismo è il punto di partenza per il lavoro iniziatico interiore, un lavoro da portare avanti principalmente sulla spinta di motivazione ed iniziativa personale, camminando sulle spalle dei Giganti del passato e cercando i propri maestri tra gli intellettuali contemporanei.
socrate e alcibiade
Ha dunque senso che nel gruppetto di sinistra guardando Platone si possa riconoscere la figura di Socrate, impegnato nella sua più celebre attività: fare domande agli Ateniesi, per stimolare il processo maieutico, ossia l’osservazione di sé attraverso un dialogo da cui emergano credenze, limiti, comportamenti automatici che quasi autonomamente decidono il comportamento, quindi la vita, di ciascun individuo.
Non dimentichiamoci che Timeo ed Etica affondano le radici nell’insegnamento socratico.
Socrate pare direttamente rivolgersi ad un personaggio con armatura sfavillane, che può ricordare sia Alcibiade che Pericle: Alcibiade maggiore è infatti quel dialogo di Platone in cui Socrate cita la famosissima massima γνῶθι σεαυτόν (pronuncia *gnothi seautòn) “conosci te stesso!”, mentre Pericle è il governatore dell’Atene del V° secolo a.C. , faro internazionale per cultura, lettere ed arti.
Filippide
Splendida la scena all’estrema sinistra: alle spalle del Pericle/Alcibiade, un personaggio sollecita l’ingresso di un magnifico giovane, che arriva di corsa con fare trafelato, seguendo le indicazioni di altri due soggetti. Ricorda Filippide, il leggendario emerodromo che percorse la distanza tra Maratona e Atene per annunciare la vittoria. Qui l’annuncio è ben più concreto: tra le sue braccia libri ed incartamenti, così urgenti che paiono attesi da lungo tempo. Ed è esattamente questo il sentimento che Raffaello riesce a cristallizzare nell’intero affresco: la conoscenza, finora rimasta preclusa o a disposizione di pochi, adesso è tornata disponibile, come una grande boccata di luce e ossigeno. Per questo il sole (della conoscenza attraverso lo studio) inonda tutto il quadro, infondendo nello spettatore gioia, speranza e voglia di fare.
Ricordo che le spedizioni da e per il Nuovo Mondo sono appena iniziate, la stagione del Neoplatonismo, specialmente nella formulazione di Marsilio Ficino, sta continuando a portare frutti, le scuole di greco sono una realtà consolidata e gli originali dei filosofi classici circolano con sorprendente facilità rispetto a cinquant’anni prima; sono nate biblioteche notevoli tra cui la biblioteca vaticana, la squisita biblioteca umanistica di Cesena tutt’ora intatta e la Marciana a Venezia, quest’ultima grazie al lascito del Cardinale e Patriarca Basilio Bessarione.
Fedra inghirami
Ecco dunque che immediatamente sotto il giovane corridore è stata messa una figura interpretata da Giovanni Reale, (in Orfici. Milano, Bompiani, 2011, pagg. 7-8), come il ritratto di Fedra Inghirami, maestro filosofico di Raffaello raffigurato con il pampino d’uva in testa mentre medita uno dei segreti dell’Orfismo “da uomo tornerai dio”.
L’appoggio al basamento di colonna, secondo Reale, allude ad una ‘verità fondamentale’ del pensiero greco che in effetti qui può sussistere come lato oscuro sia del sole apollineo diffuso ovunque, che della statua di Apollo immediatamente sullo sfondo di questa sezione.
Infatti il pampino d’uva sulla testa allude alla presenza di Dioniso, l’alter ego di Apollo.
pitagora
Articolato e complicato da attribuire il gruppo che occupa l’area sinistra in primo piano. Fortunatamente c’è un centro attrattore: si tratta del personaggio intento a scrivere, in posizione scomodissima, e vistosamente sbirciato da tutti. Questo atteggiamento collettivo può fare riferimento ad un sapere misterico e segreto, chiarito dalla lavagnetta ai piedi dello scalino: si tratta della suddivisione pitagorica dell’intervallo d’ottava. Chiarito questo lo scrittore con barba diventa Pitagora, mentre il giovane che regge la sua tavoletta è suo figlio Telauge..
Dunque gli altri devono essere uomini con le mani in pasta nel pitagorismo.
anassimandro
Il signore con barba canuta, testa calva subito alle spalle di Pitagora è stato già identificato con Severino Boezio, Anassimandro, Aristosseno, Empedocle, Senocrate.
In assenza di attributi più specifici propendere per l’una o per l’altra dipende solamente dalla sensibilità di chi attribuisce. Affascina senz’altro l’allusione insita nella figura di Anassimandro, filosofo presocratico riconosciuto quale primo cartografo, perfettamente in linea con le nuove opportunità aperte dalle scoperte geografiche. Siamo a poca distanza dalla prima circumnavigazione del globo documentata dell’era moderna: quella di Ferdinando Magellano e Sebastian Elcano conclusasi, con perdite considerevoli, nel settembre del 1522.
averroè
Quello che allunga il collo sopra Pitagora, marcato con evidenti tratti arabi, pelle scura e turbante, è molto probabilmente Averroè, il principale filosofo medievale del mondo musulmano insieme ad Avicenna. E proprio con quest’ultimo è lecito identificare il personaggio in piedi davanti al gruppo, che con Averroè condivide i baffi ma non il turbante. Per questo è possibile identificarlo, squisitamente sulla base dei contenuti filosofici, anche con Parmenide, il teorizzatore dell’Essere supremo come sfera perfetta, o Senocrate, principale responsabile della svolta in senso pitagorico dell’Accademia platonica dopo la morte del maestro.
federico II gonzaga e ipazia
Sullo scalino immediatamente posteriore al gruppetto pitagorico, due figure molto giovani d’età: quello a sinistra identificato con Federico II Gonzaga, sui dieci anni d’età, già da Vasari nelle Vite, mentre una tradizione consolidata vuole la figura in piedi identificata con Ipazia di Alessandria, antica martire del libero pensiero, innamorata della filosofia al punto da morire per essa, precorritrice di Giordano Bruno.
La zona centrale della scala è stata lasciata piuttosto libera per amplificare la prosecuzione dello spazio dipinto nello spazio reale dello spettatore, così da spingerlo ad entrare nel quadro e congiungersi agli Illustri.
eraclito/michelangelo
Sulla sinistra in primo piano Eraclito, il filosofo presocratico campione del distacco dal mondo tanto da rifiutare la tirannìa dei sensi e l’ambizione per il potere, fonte di sola invidia. La tradizione vede in questa figura un ritratto di Michelangelo, “solo e pensoso” proprio in questi anni dentro la cappella Sistina lontano da tutti, concentrato solo sul lavoro concepito come dovere nei confronti del Bello.
A destra Diogene di Sinope detto il Cinico, maestro di autocontrollo e autosufficienza, alla continua ricerca del più assoluto distacco dal mondo.
euclide
Il gruppo all’estrema destra della composizione, in primo piano, conosce un doppio centro attrattore.
Il primo è rappresentato dalla figura protesa verso lo spazio dello spettatore, osservato mentre svela le proprietà di forme geometriche. Senz’altro un fine maestro di geometria quale Euclide o Archimede. Grazie alla fisionomìa del capo ben caratterizzata, nonostante il volto sia parzialmente coperto, è facile riconoscervi lo stesso Bramante, sponsor e protettore di Raffaello alla corte di Giulio II qui omaggiato dal pittore.
zoroastro, tolomeo e apelle
Alle sue spalle il secondo centro attrattore: accolto dalle figure di Zoroastro e Claudio Tolomeo fa il suo ingresso Raffaello Sanzio medesimo che fissa, seguendo l’indicazione di Leon Battista Alberti, direttamente negli occhi lo spettatore.
Proseguendo nell’identificazione con antichi Illustri, Raffaello dovrebbe rappresentare il più famoso pittore dell’antichità, Apelle, accompagnato verosimilmente dal suo compagno di leggenda Protogene.
In quest’ultimo c’è chi ha voluto vedere un ritratto del Sodoma o del Perugino. Personalmente sono persuaso che sia il padre del pittore, Giovanni Santi, qui ringraziato dal figlio per avergli insegnato per primo quel mestiere che gli sta portando così tanto successo. E’ come se ci fosse scritto “non sarei niente senza di te, grazie!”, un gesto d’amore profondo affidato all’eternità dell’affresco. Infatti la figura di Raffaello pare germinare da quella del pittore più anziano.
Celebrano l’ingresso della coppia Zoroastro, con il globo stellato, e Tolomeo, con il globo terracqueo. Il primo era creduto al tempo, sulla scorta dell’insegnamento di Giorgio Gemisto Pletone, l’autore degli Oracoli Caldaici, depositari del pensiero esoterico dei Magi d’Oriente, circolanti all’epoca sotto forma di opuscolo commentato dallo stesso Pletone.
L’attribuzione del personaggio voltato di spalle con Claudio Tolomeo si basa unicamente sul globo davanti a lui, perché dai tratti anatomici si potrebbe facilmente scambiarlo per una donna.
L’Almagesto di Tolomeo era stato recentemente oggetto di una nuova pubblicazione da parte di Regiomontano, fine astronomo alla corte imperiale tedesca, incaricato della faccenda dal già citato Cardinale e Patriarca Basilio Bessarione (figlio spirituale di Pletone), che tenne Regiomontano a stipendio in Roma tra il 1461 e il ‘65. Quindi Tolomeo era tornato attuale e leggibile.
atena
Conclude la carrellata, la fila di personaggi in secondo piano tra il gruppo di Raffaello e la parete di destra. Dentro la nicchia superiore troneggia una statua della dea Atena, equipaggiata di elmo spartano, lancia e scudo con Medusa urlante, che sormonta un rilievo recante una figura femminile al centro impegnata in quello che sembra un vaticinio, accompagnata da uno spicchio di ruota zodiacale alla sua sinistra e un paio di putti che giocano con un libro sulla destra. L’intero blocco allude alla razionalità, proprio intesa come forza pensante, il cui compito è sovrastare l’abitudine alla superstizione e guidare l’umano ad una comprensione più profonda, la conoscenza esoterica.
plotino
Sotto la lastra con il vaticinio, in corrispondenza del globo stellato di Zoroastro, un signore anziano vestito con una lunga tunica rosso mattone è stato identificato come Plotino.
La posizione “in uscita” dalla composizione, può facilmente supportare questa attribuzione: Plotino muore nel 270 d.C. e si pone come l’erede di Platone in epoca cristiana.
Egli parla dell’Uno quale punto di origine di tutta la realtà: dalla sua autocontemplazione nasce il Nous cioè l’intelletto, dall’autocontemplazione del quale nasce l’Anima, a sua volta divisa in due parti o poli, l’uno rivolto verso la materialità, l’altro verso il ritorno all’Uno, simbolicamente due triangoli equilateri che puntano in direzioni opposte, intersecati in modo da originare un esagono centrale, figura che ovviamente si ripete all’esterno congiungendo i vertici della stella creatasi.
Pare dunque non essere un caso che la figura usata per decorare l’architettura sia l’esagono regolare: l’intero affresco è una celebrazione del Neoplatonismo, a queste date stabilitosi come punto di incontro fra la filosofia classica e il cristianesimo, in grado di ispirare l’uomo e l’intelletto umano a concepire e fare cose grandiose, grandiose come quelle che si stanno realizzando durante il regno di Giulio II.
Più in generale è la celebrazione stessa del verso dantesco “fatti non foste a viver come bruti”, ed è proprio facendo nomi e cognomi che si sottolinea un modo concreto per “seguire virtute e canoscenza”.
l’intelletto in azione
Da ultimo vale soffermarsi su quel giovane con i piedi scalzi, incastrato sotto il pilastro alla ricerca di un precario equilibrio pur di fissare velocemente idee e pensieri importanti sulla carta. Egli presenta una particolarità del tutto unica: i suoi capelli sono mossi da un vento che non c’è, cioè non colpisce nessun altro se non lui! Singolare che questo particolare dei capelli spostati dal vento non compaia nel disegno preparatorio.
Ad ogni modo la sua possibile identificazione è rinforzata dalla vicinanza di Plotino: egli è l’Intelletto in azione, ritratto nel tipico atteggiamento dei ragazzi di bottega ben noto a Raffaello. Durante l’apprendistato in bottega infatti, si è invitati a disegnare il più possibile dal vero e il miglior modo per farlo è proprio appostarsi in luoghi affollati e, senza dare nell’occhio, cominciare a “ritrarre di naturale” quanti più soggetti possibile. Non si tratta di fare ritratti perfetti: si tratta di fissare su carta i tratti essenziali dei volti, dei movimenti, delle emozioni che serviranno come base per i successivi studi da tavolino in bottega.
Questa pratica è fondamentale per abituare il cervello ad individuare e sfruttare tutti gli accorgimenti utili a rendere l’illusione della terza dimensione in spazi bidimensionali.
Quel vento è pertanto segno dell’estro creativo, talmente potente da scuotere l’anima stessa del personaggio.
Letture:
- Andrea Emiliani; Michela Scolaro, Raffaello. La Stanza della Segnatura, Milano, Electa, 2002
- Ernst H. Gombrich, Raphael’s Stanza della Segnatura and the Nature of its Symbolism, in: Id., Symbolic Images. Studies in the art of the Renaissance II, Oxford, Phaidon, 1978 (1972), pagg. 85-101
- John Shearman, The Vatican Stanze: Functions and Decoration (1971), in: George Holmes (ed.), Art and Politics in Renaissance Italy. British Academy Lectures, New York, The British Academy and Oxford University Press, 1993
- Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008