redazione
La Cultura è sempre stata unica, e sempre lo sarà. E’ evidentemente composta di più discipline che concorrono ad una comprensione della realtà sempre più precisa ma mai definitiva. Quando tuttavia è stato pensato il primato epistemico di un sapere sugli altri si è persa l’unità con innegabile danno al processo conoscitivo. Danilo Petri propone questa analisi sintetica ed efficace riguardo alla storia del sapere umano, frutto di una frequentazione quotidiana e pluriennale dei maestri della storia del pensiero.
Perché Terza Cultura, dal momento che la cultura è una soltanto e molteplice? Perché nel confronto fra le due classiche discipline, scientifiche e umanistiche, si è inserita la competizione per il primato epistemico. Chi è più versato e può vincere la sfida della conoscenza della realtà, della natura umana e di tutto quello che ne consegue, la scienza o la filosofia? Questa è la domanda, questo è l’errore di fondo.
La cultura è semplicemente tutto ciò che concorre a conoscere ed ogni primato è velleitario. In estrema sintesi ritengo si possa affermare che lo studio, l’arte e l’ingegno sono tutte espressioni di un’unica disciplina che chiamiamo cultura. Non mi interessa qui discutere sugli slittamenti semantici ed abusi del termine e neppure sulla inveterata abitudine popolare di considerare cultura soltanto ciò che riguarda arte, monumenti e chiese.
Filosofia e scienza, il grande confronto sta tutto qui, sta tutto qui l’equivoco.
L’ingegno umano è legato ai limiti della propria natura e alle sue enormi possibilità. Fin dall’antichità gli uomini “di pensiero”, spinti dall’emozione primaria della ricerca (Panksepp e Davis, 2020 ed It 1) e sorretti dalla loro coscienza hanno sempre sondato i limiti delle proprie possibilità di conoscere la natura del mondo e di sé stessi. Lo hanno fatto utilizzando ogni strumento disponibile: l’osservazione, l’intuizione, la logica/razionalità, l’arte.
È utile ricordare, dal momento che la filosofia occidentale per alcuni comincia col suo modo di pensare, che Talete era sostanzialmente un fisico, un osservatore dotato di grande intelligenza e intuito e si occupava di molte cose, senza porsi limiti disciplinari. Fra le molte cose insegnava: e fu maestro di Anassimandro che a sua volta lo fu di Anassimene. Così vanno le cose, ognuno mette il suo e si fa la storia della conoscenza.
Ma l’uomo, come insegnano la biologia e lo studio della mente (Dennet, 2007 ed It.2) sembra fatto per credere e laddove non riesce a rispondere con i fatti, se li inventa e poi ci crede. Ecco quindi che le domande salgono in astrazione e le risposte procedono oltre l’osservazione e tentano sentieri tortuosi, dove si perdono i riferimenti con la realtà e tutto diventa metafisica: dall’ontico all’ontologico, dalle cose alle cose in sé.
Trovando difficoltà, a tutt’oggi irrisolte e misteriose, come la soggettività della coscienza, come la natura della mente e tanto altro, Platone trovò utile pensare a due mondi, uno sensibile e uno delle idee. Questo dualismo è duro a morire nella storia: con l’innesto del cristianesimo diventò neo-platonismo e furono testi e opere d’arte favolosi, come i capolavori di Piero della Francesca; Cartesio rinnovò la teoria, producendo altresì un passaggio straordinariamente rilevante nello studio del pensiero umano, direi della mente umana. Insomma, per me sbagliavano, ma le loro pecche fruttarono molto alla crescita della conoscenza … e della bellezza.
Studiando ci si accorge che la storia della cultura è puntellata di errori, magari dovuti al contesto, alla limitazione dei mezzi, all’ingenuità e mille altri motivi. Ma tutto ha concorso allo sviluppo della conoscenza: a volte persino gli errori madornali hanno rivelato una loro utilità, basti pensare ai tanti aneddoti sulla serendipità. Quindi ciò ci consiglia di avere umiltà e mente aperta nel considerare qualsiasi apporto. Ci consiglia un relativismo positivo, ovvero un relativismo che presupponga che ad un certo punto qualcuno avrà ragione e un altro no, e sempre provvisoriamente. E, di passaggio, occorre ricordare che questo “relativismo” non conosce confini geografici e culturali: non solo Occidente!
Quindi i pensatori, gli artisti e gli scienziati sono sempre stati vicendevolmente attenti alle provvisorie verità che le discipline riuscivano a sfiorare, a teorizzare, a proporre. Hanno tutti commesso errori e tutti hanno regalato grandi e piccole pietre miliari del nostro cammino culturale.
Per fare esempi. L’Italia ha regalato al mondo l’emblema di questo ingegno con Leonardo da Vinci: basta nominarlo e l’uomo universale si staglia davanti a noi e inutile dire di più.
Galileo produsse la sua scienza e il suo metodo tenendo in gran conto la filosofia e le arti ed ebbe anche il grande merito non solo di essere un ottimo scrittore ma anche di avere una evidente volontà divulgativa, il desiderio quindi, molto innovativo, di arrivare con la sua opera alla comprensione dei più.
Leopardi, immenso poeta e filosofo d’eccellenza, possedeva una ricca biblioteca scientifica. Studiava e proponeva osservazioni scientifiche e moltissime sue riflessioni contengono la traccia di una forte attenzione alla scienza, in specie egli amava studiare astronomia. A pieno titolo un “filosofo naturale”: forse proprio sulle sue conoscenze si fondava la sua filosofia morale.
L’elenco di coloro che sempre han fatto tesoro della poliedricità dei loro interessi, ritenendo indispensabile possedere un vasto orizzonte culturale per svolgere proficuamente la loro personale ricerca della verità, sarebbe infinito: ve ne sono sempre stati e sempre ci saranno.
Le due culture quindi si sono sempre dimostrate, nei fatti, complementari e persino, a volte, fuse in un unico approccio del pensare, dello studiare e dello sperimentare. In questa realtà indiscutibile si è infilato il baco della competizione: un baco non solo epistemologico ma anche e bassamente sociale, professionale, finanche materiale e politico.
In Italia, all’inizio del secolo scorso, lo scontro fra filosofia metafisica e filosofia scientifica fu evidente nelle aspre polemiche condotte da Gentile verso Enriquez, il primo appoggiato con vigore da Croce. Poco importa ormai rilevare che fu anche una battaglia per l’egemonia culturale nel Paese, una disputa che coinvolgeva anche motivi professionali e di prestigio, bassezze. Il fatto grave che vi furono vincitori e vinti e conseguenze serie per lo sviluppo culturale della Nazione.
Vi è una data che fa storia: dal 5 all’11 aprile 1911 si tenne a Bologna il IV Congresso internazionale di filosofia. Fu un successo organizzativo e culturale dovuto soprattutto al lavoro del succitato Federigo Enriquez, matematico e filosofo, che ebbe il merito di invitare anche molti scienziati. Questa ottima scelta fu vista malamente da Benedetto Croce che ne trasse spunto per una polemica furibonda sul “Giornale di Italia” che gli fece dire cose avventate sulla scienza e commenti insolenti verso Enriquez, “che egli di filosofia non sappia nulla di nulla non è un segreto”. Si dirà che nel mondo della cultura le polemiche sono il sale sulle pietanze. Ebbene no, da quella polemica uscirono vincitori gli idealisti, i filosofi tronfi del loro presunto primato: e ancora si potrebbe dire, pazienza! E no, di nuovo: quella “vittoria” sancì un predominio culturale sulla scuola, sull’accademia, sulla cultura nazionale, facendo dell’Italia il “paese della scienza negata” (Bellone, 2005 3).
Non si deve “piangere sul latte versato”. Questa frase idiomatica contiene un significato intrinseco: la spinta a non commettere più un tale errore e guardare oltre, verso un futuro diverso, dove scienziati e umanisti percorrano la stessa strada con strumenti reciprocamente utili anche se diversi. Questo futuro, occorre sottolineare, deve partire da una nuova pedagogia, da una nuova didattica, da una nuova scuola.
Ed ecco infine il succo della Terza Cultura: ristabilire, secondo canoni moderni e futuribili, la sintonia fra le varie discipline della scienza e delle humanities ed esporre, con un linguaggio proficuamente divulgativo, le grandi conquiste del pensiero, le grandi problematiche, le immense ed irrisolte domande sulla natura umana e sul mondo.
Letture:
- Panksepp e Davis – I fondamenti emotivi della personalità – Cortina – 2020
- Daniel Dennet – Rompere l’incantesimo – Cortina editore – 2007
- Enrico Bellone – La scienza negata. Il caso italiano – Codice edizioni – 2005